mercoledì 20 luglio 2016

Estonia-Finlandia 2016



Ancora co ste repubbliche baltiche, direte. Me ne mancava solo una, dai, mica potevate pensare che sarei morto lasciandomi dietro questo vuoto incolmabile. E vi dirò di più: in un colpo solo, con la Finlandia ho pure finito la Scandinavia! (benché una ricerca molto approfondita lasci aperta l’ipotesi che anche l’Islanda ne faccia parte:

Wikipedia:
La Scandinavia è una regione geografica e storico-culturale dell'Europa settentrionale. Dal punto di vista geografico la penisola scandinava è costituita dalla Danimarca Norvegia, Svezia e parte della Finlandia (l'area nord-occidentale)[1][2] ed esclude l'Islanda, nonché i territori autonomi delle isole Åland, le Isole Fær Øer e la Groenlandia. Il termine Scandinavia viene comunque anche utilizzato impropriamente come sinonimo di "Norden" in senso largo includendo questi altri territori.

Mah, io comunque, per non sapere né leggere né scrivere, nel frattempo mi alleno con la haka islandese, chissà che non mi torni utile in futuro).

Ma torniamo a noi e all’antefatto che ha messo in moto la serie di eventi che mi ha condotto fin qui. Tutto è cominciato con un flash in attesa della metro: un cartellone pubblicitario della Vueling che sbandiera la possibilità di aggiudicarsi voli ad 8.99 euro per promuovere l’attivazione di nuove rotte da Roma. Ahahah, rido io. E continuo a sghignazzare pure mentre via cellulare provo a collegarmi al sito, consapevole dell’inutilità del tentativo. Infine mi sbellico quando seleziono la tratta Roma-Tallin, la meta meno low cost del pianeta. Quando poi mi rendo conto di quanto è accaduto, sono ormai passati un paio di minuti, trascorsi in un clima di totale incredulità, la stessa di chi ha puntato sul Leicester vincente a fine campionato inglese. Perché la mail della Vueling che fisso con aria da ebete certifica la conferma della prenotazione, ad un prezzo che in condizioni normali assocerei ad una gita in Umbria. Purtuttavia sono consapevole del fatto che se non riesco a trovare un volo di ritorno adeguato, avrò alle brutte buttato all’aria l’equivalente di un buono pasto. Che per tener vivo un sogno è comunque una cifra che ad oggi sono ancora disposto ad accettare.
E così nei giorni seguenti mi metto a dare la caccia al suddetto volo, senza però trovare una soluzione che non sia inferiore ai 180 euro.
Ma proprio quando ormai comincio a perdere la speranza, ecco che la geografia viene in mio soccorso: e se attraversassi la stretta lingua di mare che separa Estonia e Finlandia e tornassi da Helsinki? Detto fatto. In men che non si dica le basi del viaggio vengono edificate. Una volta fissato il volo di ritorno, ad un prezzo ben più basso che se fossi tornato da Tallin, passo alla ricerca degli ostelli, scandagliando quotidianamente il sito di booking.com in cerca dell’offerta migliore. Quindi studio i trasferimenti da/per porti e aeroporti e i trasporti pubblici cittadini, mentre nel frattempo comincio ad orientarmi con la mappa delle città, e così via, fino ai dettagli più mondani e suscettibili di variazioni dell’ultima ora.
Come consuetudine, alla fine tutto lo sforzo viene riassunto in un file excel, la cui stampa porto gelosamente con me. Piuttosto preferirei perdere la carta d’identità.


21-22 giugno
Ed ecco giunto il gran giorno. O forse farei meglio a dire la gran sera. Eh già, perché avevo dimenticato di dire che il volo è sì regalato, ma contiene un inconveniente non da poco: la partenza alle ore 23, con arrivo alle 3:30 ora locale (2:30 ora italiana per via del fuso orario). Mi accordo con l’ostello per il deposito bagagli, visto che prenotare una camera in piena notte avrebbe poco senso, ricevendo rassicurazioni sul fatto che la reception resta aperta 24h su 24, e mi preparo ad affrontare la nottata più lunga dai tempi dell’allattamento dei figli.
Il piano è semplice: dormire in aereo, per poi vagare per la città in attesa dell’alba, fiducioso del fatto che a quelle latitudini e a quell’ora di notte la luce soffusa possa guidarmi tra le vie silenziose e addormentate della città. Che poi è lo stesso piano di tutti gli altri passeggeri.
Tutti, meno due.
Già, perché due estoni completamente sciroccate (indizi schiaccianti sulla loro nazionalità: bionde occhi azzurri linguaggio incomprensibile) esattamente nella fila accanto alla mia, danno vita ad un teatrino sgraziato, fatto di risate sguaiate senza praticamente soluzione di continuità, per tutta la durata del viaggio.
All’arrivo tuttavia il mio malumore per il sonno perduto viene spazzato via da una sorpresa del tutto inaspettata: un tavolo imbandito di tante leccornie in onore del viaggio inaugurale della tratta, che abbina stuzzichini italiani, accompagnati da caffè e cappuccino, ad altri estoni, abbinati alla tradizionale bevanda a base si menta artica. Che dire: meglio di così non posso cominciare no?
Ma l’esperienza insegna che non bisogna mai cantare vittoria, perché il destino avverso è sempre in agguato. E infatti, una volta abbandonato il taxi nella Piazza della Libertà ed aver percorso pochi metri attraverso una città spettrale per via dell’ora notturna, individuo l’ostello, ubicato in posizione centralissima.
Suono. Niente. Suono ancora. Niente. Leggo il cartello accanto al campanello: bussare in caso di mancata risposta. Busso. Niente. Busso ancora. Niente. In effetti il cartello recita: hard knock. Busso forte. Niente. Mi scateno. Dopo 5 minuti mi apre una poraccia stravolta dal sonno che con un cenno della testa mi fa segno di entrare e poi si rifugia nella sua stanza, senza dire una parola. In piedi, ciascuna posizionata sulla soglia della propria stanza, altre tre persone mi fissano con una faccia che sotto la maschera devastata dal sonno lascia trasparire un odio profondo.
Dovrei sentirmi mortificato, ma sono troppo stanco per provare un sentimento diverso dal desiderio di gettarmi lungo su un divano ed addormentarmi,  che è esattamente ciò che faccio non appena trovo il suddetto divano. Tanto non ho fretta, anzi. Se oltre al deposito bagagli depositano anche me tanto meglio.
E poi ecco che dopo circa un’ora di attesa, all’improvviso da una stanza con su scritto Staff only esce una ragazza seminuda completamente rintronata. Mi chiede chi sono, glielo spiego, comincia a sbraitare fuck fuck, se la prende col malfunzionamento del campanello, poi mi chiede chi mi ha aperto, fuck fuck, poi mi chiede di pagare il soggiorno, manco la carta di credito funziona, fuck. Infine si alza, mi dà la ricevuta e senza dire una parola torna a dormire nella sua stanza. Aspetto un paio di secondi e poi busso. Posso lasciare il bagaglio? Apre, fuck, lo prende e mi chiude la porta in faccia (con questo chiarendo in maniera inequivocabile i dubbi interpretativi che l’imprecazione poteva sottintendere).
Che altro dire: la colazione è compresa nel prezzo, ma se questa dev’essere l’accoglienza, decido di farne a meno per i due giorni a venire.
Welcome Tallin!!

Carina. Non bella. Carina. C’è differenza tra carina e bella. Civita di Bagnoregio è carina, un gioiello, ma dopo mezz’ora ti spari. Idem Tallin. Idilliaca per una giornata, meta ideale per crociere con sosta programmata di 8-10 ore. Scenografica, caratteristica, per la torrette che la circondano ricorda un po’ Dubrovnik, per le passeggiate lungo le mura Rothenburg in Germania, per l’aspetto del centro storico Bratislava, per alcuni scorci e cortili interni…Viterbo. Tutto, quindi, fuorché una città con la C maiuscola. Ma tant’è, me la faccio bastare.


Piazza del Municipio

Hellemann Turm

Tornide väljak 


Kiek in de Kok e Neitsitorni


Epico e fantozziano l’equivoco dei 60 scalini letti sulla guida che diventano 60 metri di scalini che mi conducono tra mille imprecazioni (fuck) in cima al campanile di Sant’Olaf, un tempo a detta loro l’edificio più alto del mondo, per gettare un’occhiata alla cartolina perfetta di Tallin. Un’istantanea, che è proprio ciò che rappresenta. Una città ferma, immobile, incastonata nel tempo.

Panorama dal campanile di Sant'Olaf


23 giugno
Il giorno successivo mi spingo fuori del centro storico, alla scoperta del parco Kadriorg, una meravigliosa oasi verde arricchita da un palazzo commissionato dallo zar sullo stile del Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo, e al ritorno decido di sperimentare il tram perché altri due km a piedi lungo una strada anonima mi sembrano un prezzo più alto da pagare rispetto ai due euro richiesti dal conducente.

Palazzo Kadriorg
E arrivo giusto in tempo per approfittare del free tour organizzato dall’ufficio turistico di Tallin, a zonzo per la città in compagnia di una guida simpaticissima e scatenata che in due ore ci spiega vita morte e miracoli della storia di questo paese martoriato, stretto nella morsa di Svezia, Danimarca, Russia, Finlandia e Polonia, che a turno se la sono spartita nei secoli. Il mio inglese è arrugginito, lei parla svelta, in media finisco per comprendere una parola ogni tre, e questo mi costringe ad imbarcarmi in un complicato esercizio mentale di interpolazione per carpire il senso delle frasi, a volte con risultati esilaranti, tipo quando mi sono convinto che se fossi salito su una determinata collina la polizia mi avrebbe arrestato all’istante, ahahah (…e comunque non ci sono salito).
Pomeriggio completamente assorbito dalla ricerca di souvenir: collana d’ambra come da richiesta da parte di Arianna, maglietta e cappello rispettivamente per Matteo e Claudio. Boccette di liquore Vana Tallin per la gioia dei miei e anche mia perché in un solo pomeriggio mi sono tolto un peso di dosso.
La sera, prima ed unica uscita al ristorante di tutto il viaggio che non sia MacDonalds o similari. Opto per il number one di Tripadvisor, Rataskaevu16, e i fatti mi danno ragione. La cameriera è carina e simpatica, mi offre anche l’antipasto fatto di pane nero e burro, un gesto quantomeno di cortesia al di là dell’effettivo valore del piatto, e poi mi divoro un ottimo filetto di salmone alla brace.
Il conto, sul quale la cameriera ha aggiunto a mano delle frasi di cortesia del tipo I hope to see you again, you are important for us, etc, che ovviamente scrive a tutti, lo conservo tuttora gelosamente nel portafoglio. In attesa di trovare una cornice adeguata.

24 giugno
Ed è così arrivato il giorno della partenza. Mi imbarco al porto di Tallin sulla nave della Eckero Line sotto una pioggia battente che m’impedirà di godere del panorama per tutta la durata della traversata e, dopo circa un paio d’ore, faccio il mio ingresso trionfale ad Helsinki.
Mi faccio una prima idea dei finlandesi già durante il tragitto sulla nave. E’ infatti sufficiente dare un’occhiata alle scorte di alcolici che si portano via dall’Estonia per avere conferma di quanto letto sulle loro abitudini. Bevono, e tanto. Carrelli zeppi di casse di liquori e di birra a basso costo. Un viaggio andata/ritorno Helsinki-Tallin-Helsinki per un totale di 5 ore circa solo per risparmiare su grandi quantità di alcolici. Che amarezza.
Eppure, non appena metto piede a terra, respiro subito un’aria nuova, per certi versi del tutto inaspettata. Tutto intorno a me c’è fermento, movimento, frenesia. Che tradotto significa una cosa soltanto: sono arrivato in una città vera.
Memore dei consigli, mi premuro subito di acquistare il biglietto per i mezzi di trasporto valido per due giorni, alla modica cifra di 12 euro, modica, se confrontato col prezzo del biglietto singolo, di 3 euro e 50.
Poi il tram, il primo di una lunga serie. Non perché la città sia chissà quanto grande, quanto piuttosto perché servita bene, con mezzi puntuali e ad alta frequenza, ad ogni ora del giorno. Dopo circa venti minuti arrivo all’ostello, in una via denominata Hietalahdenkatu (santo subito chi ha inventato il copia-incolla), dove mi attende tutt’altra accoglienza rispetto a quello estone, grazie ad un personale che come avrò modo di verificare risulta molto qualificato, sempre presente (altro che fuck!) e soprattutto pronto a soddisfare qualsiasi richiesta/esigenza. La camera, al settimo piano, è grande e dotata di cucinino, frigorifero e bagno interno, lasciando intravedere la baia all’orizzonte. Niente male per un ostello!
E’ ormai pomeriggio, il tempo è nuvoloso, ma almeno non piove, contrariamente alle previsioni. Il peggio l’ho lasciato lungo il tragitto via mare.
E così approfitto per far visita al Temppeliaukion kirkko, a poche centinaia di metri da dove mi trovo, una chiesa molto caratteristica ed originale, costruita all’interno della roccia.


Poi mi metto alla ricerca di un supermercato per fare provviste: dal momento che ho il frigo in camera intendo almeno risparmiare sui costi della colazione.
Tutto chiuso. Alimentari, supermercati. Ribadisco, tutto. Possibile? Torno all’ostello e chiedo lumi alla reception e quelli m’informano che oggi 24 giugno è giorno di festa nazionale (che culo!) ma che guardacaso proprio di fronte all’ostello c’è un piccolo alimentari che rimane sempre aperto anche durante le festività (che culo!)
Per concludere la giornata, prendo il tram con l’intenzione di testare un ristorante economico, anche questo segnalato su Tripadvisor, per farmi un’idea della cucina locale. Porta chiusa, tante scritte in finlandese, una sola deduzione: stasera anche i ristoranti fanno festa. Ma per fortuna c’è sempre il buon vecchio Mac su cui poter contare…

25 giugno
Sveglia intorno alle 3 e mezza, quando la luce del giorno penetra attraverso i vetri privi di tenda rendendomi cieco. L’unica considerazione positiva che riesco a formulare tra mille imprecazioni è che la Scandinavia, almeno nel periodo estivo, dev’essere sicuramente  un territorio devampirizzato. Per il resto il sonno prosegue disturbato fino a quasi le 8 di mattina, quando mi convinco che un giorno di sole a quelle latitudini vada comunque accolto come un dono divino.
Mi fiondo fino alla Piazza del Mercato, fitta di bancarelle che propongono oggetti e souvenir della tradizione locale (non immaginavo che Finlandia si dicesse China) e di prodotti mangerecci tipici del luogo come i frutti di bosco, venduti alla modica cifra di 7 euro al chilo e che pertanto mi sono limitato a fotografare.



E poi salgo sul traghetto che conduce all’isola di Suomenlinna, una fortezza militare del 1700, all’epoca considerata inespugnabile, almeno fino a quando la prima nave russa non si è affacciata minacciosa sul golfo. Solo la prontezza dei soldati finlandesi nell’issare bandiera bianca ha evitato che la fortezza venisse distrutta e privata del patrimonio dell’Unesco che oggi può orgogliosamente vantare. Il tragitto in traghetto fino a  Suomenlinna è breve, poco più di un quarto d’ora, ma consente di avere un’idea della morfologia del luogo, disseminato di isolette, alcune grandi, altre delle dimensioni di piccoli scogli, ciascuna con la sua casetta rossa in legno circondata da fitta vegetazione.


Una volta tornato sulla terraferma, quasi casualmente m’imbatto nel capolinea del bus 24, che ricordo conduce all’altra meta prevista per la giornata, l’isola Seurasaari. Lungo il tragitto, getto un’occhiata al parco Sibelius, dove so che si erge il monumento dedicato al musicista finlandese, cercando di memorizzare la fermata d’autobus più vicina, in vista del ritorno.
Ancora più selvatica di Suomenlinna, Seurasaari è ricca di spiagge affollate(!) di bagnanti e con una foresta di betulle all’interno a fare da contorno a specchi d’acqua cristallini, una vera bellezza. Ma il vero punto di forza del giro dell’isola è che mi accorgo della biglietteria solo a tour concluso, quando realizzo che senza volerlo (giuro, sono innocente!) ho risparmiato la bellezza di 9 euro.




Sulla via del ritorno comincio a guardare a destra e sinistra per individuare la fermata corrispondente al parco di Sibelius, ma non trovo riferimenti. Poi all’improvviso un flash: il monumento sfreccia veloce sulla mia destra. Mi getto sul pulsante della chiamata e, tempo neanche 2 secondi, l’autista inchioda alla fermata, dandomi così la possibilità di scoprire come si dice Dio in finlandese.
Il tempo di scattare una decina di foto e poi di nuovo sul bus successivo fino all’ostello.



Breve riposo di neanche un quarto d’ora e poi ancora sul tram fino al centro. L’equivalente di un rullino di selfie con sfondo la fotogenica cattedrale bianca 


e quindi l’impulso, improvviso quanto apparentemente insensato, di riprendere il traghetto per Suomenlinna. Perché se ci sei andato anche la mattina? Mah…primo perché onestamente non so cos’altro inventarmi, e poi per sperimentare un’altra prospettiva, sorretto dalla convinzione che il tramonto possa conferire alla fortezza un fascino particolare, cosa che viene confermata al mio arrivo. Percorro quindi lo stesso sentiero della mattina ed infine mi siedo a riposare sulle rocce in riva al mare, per qualche pausa di riflessione mistica.





Poi, di nuovo a casa. Il tempo di mangiare un boccone al volo e quindi giù nella sala comune dell’ostello, per assistere alla visione di Croazia-Portogallo, la partita ahimè più noiosa dell’intero europeo. Con l’aggravante, primo, che si è protratta fino ai tempi supplementari e, secondo, che ha visto l’eliminazione della Croazia, sulla cui vittoria finale avevo investito ben 5 euro ad inizio competizione.

26 giugno
Il giorno del ritorno. L’aereo è previsto nel primo pomeriggio, per cui ho la mattinata libera per esplorare nuove zone. Mi spingo allora fino alla baia di Toolo, uno specchio d’acqua circondato da un percorso naturalistico che esploro sotto un sole cocente e, al ritorno, faccio tappa lungo la spiaggia vicino all’ostello, affollata di gente. Ed è proprio lì che mi accorgo che la fotocamera ha smesso di funzionare, fuck. Dal giorno prima, peraltro. Nel senso che fa lo scatto, ma poi non memorizza il risultato nella scheda sd. Perdonerete pertanto l’impossibilità di documentare le mie innumerevoli conquiste di quella mattina con un’ultima carrellata di foto. Dovete fidarvi della mia parola.

Infine una chicca, prima delle conclusioni finali.
Una volta sull’aereo, mentre cerco di combattere la noia sfogliando una delle tante riviste propinate dalla compagnia, m’imbatto quasi per caso in un articolo che mi lascia esterrefatto. Non tanto (e non solo) per quello che asserisce, che di per sé suona quantomeno stravagante, quanto piuttosto perché conferma una mia sensazione, che fino a quel momento avevo relegato nella parte più remota del cervello in quanto la ragione l’aveva etichettata come assurda. E cioè (non ridete) che la lingua giapponese e quella finlandese hanno molti tratti in comune.  
Finito? Bene, datemi almeno il tempo di azzardare una giustificazione che risulti il più possibile credibile ai vostri occhi.
Innanzitutto mi riferisco alla lingua parlata, è ovvio. Detto ciò, durante la mia seppur limitatissima permanenza in Finlandia, dai dialoghi tra locali intercettati qua e là, immagino che il mio orecchio abbia captato alcuni suoni e sfumature verbali riconducibili all’immaginario collettivo nipponico, quello per intenderci che noi ragazzi degli anni 80 abbiamo edificato a partire dalla visione almeno ventennale di cartoni manga, e che poi abbia trasferito questa informazione al cervello che ne ha tratto  le (seppur apparentemente bislacche) logiche conseguenze. 


Ritorno a casa. Contrariamente alla volta scorsa, in questo frangente non c’è nessun vicino a cui raccontare le mie eroiche gesta, bensì i figli,  che mi vengono incontro festanti, accogliendomi a braccia aperte.
E con un desiderio sfrenato di raccontarmi le loro, di avventure J


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